Elezioni 2008, a caccia di economia ecologica nelle liste:
Udc
A due settimane dalle elezioni, greenreport ‘sonda’,
attraverso domande cogenti sull’economia ecologica, la propensione verso di essa
nelle formazioni politiche. Il metodo da noi seguito è quello di aver inviato
quattro domande uguali per tutti. Cominciamo con chi ci ha riposto per primo:
Pino Lucchesi, responsabile nazionale dipartimento ambiente Udc
Dal rapporto Ipcc nessuno può più far finta di niente:
l´economia o sarà ecologica o rimarrà sepolta dalle sue insostenibili
contraddizioni ambientali e sociali. Come mai questo metaobiettivo (che potrebbe
essere il vero obiettivo bypartisan) è praticamente ignorato da tutti (o quasi)?
Qual è la vostra posizione?
«Ammetto di avere una "visione" condizionata della mia trascorsa esperienza come
Presidente del Comitato Interministeriale per la Certificazione ambientale
europea Emas ed Ecolabel. Il mio giudizio, quindi, è sintonico con le molte
"realtà" – presenti nel nostro paese ed altrove – che dimostrano la piena
compatibilità tra corretti investimenti economici e tutela ambientale. Con il
passare degli anni e l’esplosione esponenziale dei problemi connessi allo
sviluppo, questa "porta" si fa sempre più stretta. Ecco perché occorre decisione
e prontezza anche nelle scelte connesse alle responsabilità di Governo. Ecco
perché sono preoccupato, anzi molto preoccupato, per la inconsistente vaghezza
dei Programmi elettorali (specie quelli delle ipotizzate formazioni maggiori) al
riguardo. Tale preoccupazione è destinata ad ampliarsi nel caso di una vittoria
elettorale della CDL, una formazione – mi pare – molto impegnata sul versante
del "laisser faire"».
Economia ecologica, economia sostenibile, significa governo democratico dei
flussi di energia e di materia. Significa più governo collettivo (cioè più
politica) e meno "dinamiche autonome" del mercato (cioè economia come
sottosistema della politica e non il contrario). E´ d´accordo?
«Bisognerebbe intenderci su cosa significa "Governo Collettivo". Se si tratta di
un richiamo alle responsabilità generale (quindi di tutti) non si può che essere
d’accordo; se si tratta di evocare esperienze collettivistiche che hanno fatto
il loro tempo il mio dissenso è pieno. Credo, invece, che si dovrebbe partire da
un diverso assioma: che non ci sono primogeniture né vocazioni specifiche sul
versante della tutela ambientale. Intanto, allora, bisognerebbe trovarci
d’accordo sul fatto, in generale, che la prevenzione dei danni è economicamente
più vantaggiosa degli interventi riparatori, improvvisati, emergenziali (vedi
vicenda del pattume campano). Sono, al riguardo, d’accordo con le indicazioni
del rapporto Stern che stima nell’ordine dell’uno per cento del PIL mondiale (un
traguardo non proibitivo) il costo dell’impegno che dovrebbe essere messo in
campo per prevenire ed evitare impatti dirompenti sulle economie del Mondo
causati cambiamenti climatici ed attività antropiche. Naturalmente ci vuole più
politica e più politica responsabile sia a livello nazionale che sopranazionale.
Non mi pare che in Italia si faccia molto per attrezzarci al riguardo».
Economia ecologica significa ottimizzazione e riduzione dei flussi di energia
e di materia. Come mai sulla necessità di intervenire sui flussi di energia
quasi tutti sono d´accordo (a parte il come che non è secondario) ma sui flussi
di materia c´è il silenzio assoluto (a parte il segmento finale dei rifiuti sul
quale tutti fanno riferimento alle direttive europee che prevedono il ciclo
integrato con riduzione, recupero di materia, recupero di energia, smaltimento
in discarica)?
«I flussi di materia sono un fattore decisivo proprio come i flussi di energia.
Entrambi gli aspetti richiedono, e su questo bisogna essere chiari, politiche di
lungo periodo e di respiro internazionale, quanto meno Europeo. Con tutte le
incertezze del caso, credo che le politiche ambientali di "seconda generazione"
stiano andando nella direzione giusta, proprio a partire dall´Europa. I flussi
di materia sono infatti ottimizzati e ridotti agendo non più solo sull´offerta
(produzione), ma necessariamente sulla domanda. I primi anni di applicazione
degli strumenti volontari di etichettatura ecologica, ad esempio, ci dicono
proprio questo: le più virtuose fra le imprese soffrono una scarsa incisività
della richiesta, nonostante un interesse della grande distribuzione a riguardo.
Quindi, in sintesi, far uscire i consumi e le modalità del consumo "ecologici"
dalla nicchia, attraverso l´educazione, informazione e incentivazione. Passare,
come sta facendo la Commissione Europea, da una Politica Integrata di Prodotto
ad una Strategia per la Produzione ed il Consumo Sostenibili. Non più
rinviabile, inoltre, un vero e serio GPP italiano. Parallelamente all´azione
sulla domanda, decisiva è quella sull´offerta. In Italia, in particolare,
dobbiamo sviluppare molte più reti fra imprese e poli produttivi per la
creazione di piattaforme e mercati di scambio che riducano palesi inefficienze.
I distretti industriali, ad esempio, devono essere sostanzialmente riprogettati
verso un vero modello di simbiosi industriale a scala locale. Entrambe queste
leve, domanda e offerta, hanno inoltre bisogno di un grande catalizzatore:
l´innovazione di processo e di prodotto. In tal senso, in Italia dobbiamo fare
un passo deciso, e non più tentennare, verso un deciso ingresso della ricerca
nelle PMI e viceversa. Non è possibile che brillanti ricercatori, dottorati,
laureati siano ghettizzati in laboratori finanziati a singhiozzo per ottenere
risultati non industrializzabili. Questa è una strada decisiva per ottimizzare e
ridurre i flussi di materia. La fine del ciclo di vita, ormai nota alle cronache
nazionali, in tal modo sarà una naturale conseguenza».
Questo quotidiano si è più volte espresso a favore dell´utilizzo della leva
fiscale per orientare l´economia verso la sostenibilità (meno tasse al lavoro
più tasse alle produzioni e ai consumi inquinanti): lei è d´accordo?
«Sono del tutto d’accordo. Già nella legislatura 2001-2206, per esempio, ho
proposto a più riprese all’allora Ministro Matteoli (senza, per la verità,
trovare grande ascolto) l’idea di allargare a tutto il Paese, con una apposita
norma da inserire in Finanziaria, quanto deciso in via sperimentale dalla
Regione Toscana circa l’abbattimento scalare dell’Irap in favore delle
Organizzazioni certificate ISO 14001 o Registrate Emas, un piccolo ma importante
riconoscimento – se vogliamo - per le Aziende concretamente impegnate a
migliorare le proprie prestazioni ambientali ed aperte al giudizio ed alla
valutazione (tramite la loro "dichiarazione ambientale") degli stakeholders di
riferimento. E’ una idea che riproporrò – qualunque esso sia - al Governo
prossimo venturo. Nello stesso ordine di idee concordo sulla necessità che le
aziende maggiormente inquinanti e o impattanti (in genere quelle condizionate
solo dalla ricerca del profitto a prescindere) vengano costantemente monitorate
ad all’occorrenza "mazziate" a dovere. Ma sinceramente con l’aria di "veltrusconizzazione"
che tira c’è poco da stare allegri e sperare…».
Sinistra Arcobaleno - Oggi è la volta della
Sinistra Arcobaleno, con Fulvia Bandoli
Dal rapporto Ipcc nessuno può più far finta di niente:
l´economia o sarà ecologica o rimarrà sepolta dalle sue insostenibili
contraddizioni ambientali e sociali. Come mai questo metaobiettivo (che potrebbe
essere il vero obiettivo bypartisan) è praticamente ignorato da tutti (o quasi)?
Qual è la vostra posizione?
«Nessuno dovrebbe più far finta di nulla, ma non ho mai creduto che questo tema
sia condiviso da tutti. Il modello di sviluppo liberista, quello che mette al
centro solo il mercato e che misura lo sviluppo solo in base al Pil non ha mai
accettato di confrontarsi con iil limite delle risorse naturali, con la loro non
riproducibilità e dunque non vede quelli che noi ecologisti chiamiamo i limiti
dello sviluppo. Non è un caso che al centro dei programmi della destra ma
purtroppo anche del Pd vi sia una crescita indistinta.
La posizione e i programmi della Sinistra Arcobaleno sono intrecciati in tutte
le loro parti al tema della sostenibilità ambientale e della riconversione
ecologica dell’economia.
Noi ci prendiamo la responsabilità di dire cosa deve crescere (servizi al
territorio, alla persona, alle città; energie rinnovabili, reti idriche nuove e
pubbliche, merci su ferro e mare, una edilizia di qualità che risparmia energia)
e cosa deve decrescere ( consumi energetici e merci su gomma, industria
dell’auto, nuove autostrade, consumo del territorio agricolo, cementificazione
delle coste). Per noi l’ecologia è una delle culture fondanti di un nuovo
soggetto unitario e plurale della sinistra in Italia. La nuova sinistra italiana
sarà fortemente ecologista, questo, tra le molte incertezze, è un dato certo».
Economia ecologica, economia sostenibile, significa governo democratico dei
flussi di energia e di materia. Significa più governo collettivo ( cioè più
politica) e meno "dinamiche autonome" del mercato ( cioè economia come
sottosistema della politica e non il contrario). E´ d´accordo?
«Sono d’accordo. Arrivo a dire anche qualcosa in più: più politica e anche
maggiori indirizzi pubblici in economia, incentivi e disincentivi, per orientare
lo sviluppo verso i settori più innovativi e meno energivori, per penalizzare
chi non si riconverte. Oggi chi parla del ruolo dello stato in economia o chi
sostiene il primato della politica rispetto all’economia e agli enormi poteri
della finanza viene ritenuto un "passatista" . Le cose non stanno così e ci
dovrebbero far riflettere altri paesi europei che hanno orientato in modo assai
cogente le loro scelte energetiche, che hanno riconvertito interi settori
economici, che hanno scelto la produzione di energie rinnovabili non per finta
(come è accaduto da noi). Non ho mai creduto che l’ambientalismo debba prestare
attenzione prevalentemente ai parchi, alle produzioni doc, al piccolo è bello,
alle belle città d’Italia. La riconversione ecologica del nostro sviluppo deve
toccare i settori strategici, entrare a piedi pari dentro la struttura economica
del paese, dentro il sistema trasportistico, dentro il ciclo delle merci, il
sistema del credito, dentro l’impresa automobilistica e quella edile, dentro
l’agricoltura».
Economia ecologica significa ottimizzazione e riduzione dei flussi di energia
e di materia. Come mai sulla necessità di intervenire sui flussi di energia
quasi tutti sono d´accordo (a parte il come che non è secondario) ma sui flussi
di materia c´è il silenzio assoluto (a parte il segmento finale dei rifiuti sul
quale tutti fanno riferimento alle direttive europee che prevedono il ciclo
integrato con riduzione, recupero di materia, recupero di energia, smaltimento
in discarica)?
«Vorrei ricordare a proposito di energia che due leader politici si presentano
con la proposta di tornare al nucleare (Berlusconi e Casini) e questo a me
sembra grave perché avviene nel silenzio dei media e senza alcuna polemica se
non da parte della Sinistra Arcobaleno. Insomma ci sono idee molto diverse anche
sulle politiche energetiche e sarebbe quanto mai utile che a Porta a Porta
invece che discutere di sondaggi si discutesse di politiche energetiche mettendo
a confronto i vari programmi. Sulla smaterializzazione dell’economia invece il
ragionamento è più complesso, perché tocca direttamente il ciclo delle merci, i
modi di produrre, i materiali che si usano. E il consumismo che è l’anima del
liberismo. Non a caso oramai quasi tutte le forze politiche si rivolgono al
cittadino consumatore (non al cittadino lavoratore, portatore di diritti,
studente, ricercatore, disoccupato, precario etc…). Ma una nuova cultura
economica, come avete detto voi all’inizio, può fondarsi solo sull’ecologia e
sulla sostenibilità. Non ci sarà progresso umano se non si risolvono le grandi
contraddizioni ecologiche (in primo luogo il profondo cambiamento del clima). E
non ci sarà neppure sicurezza in un mondo dove miliardi di persone non possono
accedere all’acqua (solo per fare un esempio.) Ho sempre pensato che la cultura
politica e scientifica degli ecologisti sia anche una visione del mondo più
giusta e più equa. L’unica che è in grado di interpretare il secolo che abbiamo
di fronte e i suoi gravi conflitti».
Questo quotidiano si è più volte espresso a favore dell´utilizzo della leva
fiscale per orientare l´economia verso la sostenibilità (meno tasse al lavoro
più tasse alle produzioni e ai consumi inquinanti): lei è d´accordo?
«Ho già detto prima che credo molto agli incentivi e ai disincentivi, e dunque
sono d’accordo con un sistema fiscale che sposti una parte sostanziale della
tassazione dal lavoro ai consumi. E alle produzioni inquinanti. La carbon tax,
ad esempio, era una scelta giusta, peccato non sia stata riproposta. C’è in
Italia una idea vecchia del fisco e una resistenza ad innovare . Vorrei far
osservare che molti paesi europei hanno messo già da tempo l’acceleratore sulla
fiscalità ecologica, sarebbe ora di farlo con decisione anche in Italia».
Pd - Oggi è la
volta del Pd, con Roberto Della Seta
Dal rapporto Ipcc nessuno può più
far finta di niente: l´economia o sarà ecologica o rimarrà sepolta dalle sue
insostenibili contraddizioni ambientali e sociali. Come mai questo metaobiettivo
(che potrebbe essere il vero obiettivo bipartisan) è praticamente ignorato da
tutti (o quasi)? Qual è la vostra posizione?
«Ormai il rapporto stretto che c’è non solo tra il futuro ambientale ed
economico e la capacità che avremo di affrontare in particolare i cambiamenti
climatici, credo sia largamente presente ai cittadini, all’opinione pubblica e
cominci a farsi strada nella politica. In Europa sicuramente questo sta
avvenendo visto che tutti i principali leader, in particolare quelli di
centrosinistra ma non solo, ormai mettono ai primi posti del loro discorso
pubblico proprio la questione della lotta ai mutamenti climatici e l’esigenza di
cambiare radicalmente i modelli energetici. La politica italiana adesso è in
ritardo rispetto a questa presa di coscienza e credo che una delle ragioni di
maggiore ottimismo, per quanto mi riguarda, legata alla nascita del Pd è che il
Pd ha messo al centro della sua analisi e anche della sua proposta questo tema.
L’ha messo con Veltroni che dal primo discorso all’inizio della sua avventura,
quello del Lingotto, prima come candidato segretario e poi segretario del Pd,
disse che una delle quattro gradi sfide che segnavano il progetto del partito
democratico era proprio la questione ambientale e in particolare quella della
lotta ai mutamenti climatici. Questo stesso concetto lo ha ribadito in tutte le
occasioni più importanti in cui ha delineato l’orizzonte del Pd e infatti sono
questioni e temi centrali nel programma. Tant’è che uno dei 12 punti strategici
si chiama l’ambientalismo del fare ed ha come obiettivo, usando uno slogan che
credo efficace di Veltroni, quello di rottamare il petrolio rilanciando una
grande politica di efficienza energetica e risparmio energetico che l’Italia ha
abbandonato da molti e molti anni e puntando dunque sul decollo delle energie
rinnovabili. Dall’altra parte la destra italiana continua invece a essere la
destra largamente più anti-ambientalista d’Europa. In Europa infatti anche
leader conservatori come Cameron e la Merkel parlano molto di ambiente e fanno
anche scelte importanti per contrastare i mutamenti climatici, mentre in Italia
fino a qualche anno fa addirittura il centrodestra negava l’esistenza del
problema. Ricordiamo che Berlusconi nel primo discorso che tenne come presidente
del consiglio in parlamento nel 2001, disse che i mutamenti climatici erano un
falso problema inventato dagli ambientalisti. Ma anche oggi il popolo delle
libertà ignora questa questione e quando lo fa ne parla in maniera assai
discutibile, per esempio rilanciando l’energia nucleare che certamente non è la
risposta alla sfida rappresentata mutamenti climatici, se non altro l’energia
nucleare che conosciamo e che non ha minimamente risolto il problema delle
scorie. Credo che in campo, se rimaniamo ai due schieramenti che hanno le
maggiori possibilità di avere la maggioranza degli elettori italiani, ci siano
due proposte che sono molto lontane e diverse».
Economia ecologica, economia sostenibile, significa governo democratico dei
flussi di energia e di materia. Significa più governo collettivo (cioè più
politica) e meno "dinamiche autonome" del mercato (cioè economia come
sottosistema della politica e non il contrario). E´ d´accordo?
«In parte sono d’accordo. Nel senso che sicuramente gli indirizzi generali della
politica energetica debbano essere fissati da chi ha ricevuto il consenso dei
cittadini. E quindi gli indirizzi della politica energetica non possono essere
lasciati alla libera valutazione del mercato. Io credo però che oggi il mercato,
se ben regolato e ben indirizzato, possa essere un grande alleato nel cammino
per rinnovare i sistemi energetici. Perché oggi per esempio è un grande
interesse delle imprese quello di migliorare l’efficienza energetica del nostro
paese. Più efficienza energetica, significa produrre la stessa quantità di beni
e servizi consumando meno energia, quindi vuol dire più competitività delle
nostre imprese. Imprese che, se invece questo investimento non lo faranno,
rischiano di perdere posizioni competitive nei confronti delle imprese di paesi
come la Germania, come il Regno Unito e come gran parte dei paesi europei che su
questo fronte hanno investito, e stanno investendo, molto. In generale io penso
che la liberalizzazione dell’offerta di energia, ripeto, se regolata da
indirizzi chiari e vincolanti da parte di chi governa, può anche mettere in
movimento una sorta di competizione virtuosa a chi offre i servizi più
efficienti, ecologicamente più interessanti e scommette sulle energie
rinnovabili. Così è in tutta Europa, ad esempio in Germania, dove appunto
l’indirizzo della politica è stato un indirizzo fortemente incentivante e oggi
il comparto delle rinnovabili ha dato lavoro a oltre 200mila persone, con
migliaia di imprese innovative. La riconversione energetica, quindi, è una
grande occasione per l’economia e anche per l’impresa e per chi vive di
impresa».
Economia ecologica significa ottimizzazione e riduzione dei flussi di energia
e di materia. Come mai sulla necessità di intervenire sui flussi di energia
quasi tutti sono d´accordo (a parte il come che non è secondario) ma sui flussi
di materia c´è il silenzio assoluto (a parte il segmento finale dei rifiuti sul
quale tutti fanno riferimento alle direttive europee che prevedono il ciclo
integrato con riduzione, recupero di materia, recupero di energia, smaltimento
in discarica)?
«Questo dipende un po’ dal fatto che quando si parla dell’esigenza di ridurre i
consumi energetici e migliorare l’efficienza energetica se ne parla a fronte di
un problema che è già tra di noi, quello dei mutamenti climatici. I mutamenti
climatici sono già un fatto, una realtà: provocano danni ambientali e danni alle
persone. Il rapporto Stern ha detto che se non faremo il necessario per
contrastare i mutamenti climatici pagheremo anche dei costi economici
rilevantissimi che rischieranno di mettere in ginocchio le nostre economie.
Quindi c’è una maggiore consapevolezza anche dell’esigenza molto realistica di
affrontare questo problema. Quando si parla invece della necessità di ridurre i
consumi di materie prime, non solo di energia, la connessione con le prospettive
del progresso e del benessere non è ancora così radicata, né tra le persone né
tanto meno tra le imprese e tra i governi e quindi c’è ancora una maggiore
difficoltà a mettere anche questo altro aspetto al centro delle analisi che si
fanno sul presente e sul futuro. Credo che uno dei compiti dei tanti
ambientalisti che hanno scelto di aderire al partito democratico è, e sarà,
proprio quello di rinnovare lo sguardo e la visione del riformismo, in questo
caso del riformismo italiano, anche per quanto riguarda appunto quest’altra
esigenza di disaccoppiare l’aumento della ricchezza dall’aumento del consumo
delle materie prime. Nessuno può avere dubbi sulla necessità di produrre anche
più ricchezza se la ricchezza significa più valore, invece di dubbi ce ne sono e
ce ne devono essere tanti sulla possibilità che questo tipo di sviluppo sia uno
sviluppo a cui corrisponde un prelievo continuamente in crescita del cosiddetto
capitale naturale»
Questo quotidiano si è più volte espresso a favore dell’utilizzo della leva
fiscale per orientare l´economia verso la sostenibilità (meno tasse al lavoro
più tasse alle produzioni e ai consumi inquinanti): lei è d´accordo?
«Sono assolutamente d’accordo, penso che la leva fiscale sia decisiva per
attuare e concretizzare i cambiamenti che noi come ambientalisti del Pd
proponiamo. Nel programma del Pd, infatti, c’è un riferimento esplicito alla
possibilità di introdurre una energy carbon tax che era stata tra l’altro una
ipotesi già in parte concretizzatasi quando governava il primo governo Prodi e
quando ministro dell’ambiente era Edo Ronchi, oggi dirigente del Pd. Poi però
venne abbandonata e io credo che quella prospettiva vada invece ripresa perché è
una prospettiva verso la quale si stanno muovendo tanti paesi europei e la
stessa Ue. Se noi vogliamo davvero avvicinare la fuoriuscita dalla dipendenza
dal petrolio e dai combustibili fossili, bisogna necessariamente rendere meno
conveniente il consumo dei combustibili fossili e invece più conveniente il
ricorso ad altre fonti di energia, al risparmio energetico, al miglioramento
dell’efficienza. E per fare questo la leva fiscale è assolutamente
insostituibile».