Inceneritore di Acerra, adesso anche
la magistratura vuole vederci chiaro
Le rassicurazione del premier sul funzionamento del termovalorizzatore non sono servite. La procura di Napoli oggi ha aperto un'inchiesta
Non sono bastate le rassicurazioni di
governo, protezione civile e società che lo ha preso in
carico, ora la magistratura di Napoli vuole vederci chiaro
ed ha aperto un’indagine sull’inceneritore di Acerra. La
procura partenopea ha avviato un’inchiesta sull’impianto,
costruito da Impregilo, (i cui ex manager sono sotto
processo a Napoli) e ora gestito dall’A2a, grazie anche alla
contribuzione incentivante prevista dai Cip6. Il
procuratore, Giovandomenico Lepore, e i pm
Federico Bisceglia e Maurizio De
Marco hanno delegato questa mattina i carabinieri
del Noe a eseguire verifiche sull’impianto, accertando in
particolare se le sue caratteristiche corrispondano a quelle
del bando di gara, sulle emissioni, sulla qualità e la
quantità dei rifiuti bruciati. Il nuovo filone di inchiesta
è stata avviato dopo due denunce – una del Comitato civico
per Acerra, l’altra dell’ex senatore di Rifondazione
comunista Tommaso Sodano – protocollate nel 2009 e finora
mai esaminate. Ilfattoquotidiano.it più volte si è
occupato della vicenda, del collaudo fantasma e del mancato
funzionamento a regime dell’impianto. E ora la questione
arriva finalmente all’’attenzione della magistratura
partenopea.
Nelle scorse settimane Sodano era già stato ascoltato dai pm,
ai quali aveva fornito chiarimenti sulla denuncia del giugno
2009. Una denuncia che poneva l’attenzione sui rischi
ambientali connessi all’impianto e sulle gravi carenze che
l’inceneritore presentava, evidenziando il superamento dei
limiti di emissione e l’assenza di un adeguato sistema di
monitoraggio delle emissioni. Domani Sodano consegnerà un
dossier per integrare le presunte carenze già segnalate
allora e chiederà il sequestro dell’impianto, per il mancato
rispetto delle 27 prescrizioni del ministero dell’Ambiente.
Il nuovo esposto partirà da un documento riservato della
provincia di Napoli, sei pagine di analisi puntuale su
quello che accade nell’impianto e che si conclude con una
serie di criticità. “L’impianto non è conforme a quanto
previsto dall’autorizzazione integrata ambientale (Aia)”. E’
una delle valutazioni, firmate dalla direzione tutela del
territorio della provincia di Napoli, un giudizio severo sul
funzionamento dell’impianto. L’impianto gioiello che
Berlusconi è pronto ad esportare anche in altre regioni
presenta altre anomalie e si denuncia anche l’inopportunità
di passaggi intermedi nello smaltimento dei fanghi. I
rilievi dei tecnici della Provincia bocciano l’impianto
defininendolo “fuori norma”. Per l’A2a è tutto in regola.
Ora tocca ai carabinieri del nucleo operativo ecologico
accertare chi ha ragione.
Una notizia, quella della nuova indagine, che suona come un
fulmine a ciel sereno per l’Impregilo che aspetta i 355
milioni di euro per la vendita di quell’impianto. Proprio
oggi la società milanese, nel corso del vertice italo-cinese,
ha firmato con Shanghai Electric Group, Mandarin Capital
Partners e China Development Bank Securities una lettera di
intenti per collaborare nel settore della dissalazione, in
cui il gruppo italiano è attivo attraverso la propria
controllata Fisia Italimpianti. Proprio la Fisia Italmpianti,
a capo di un consorzio, dieci anni fa, vinceva la gara di
appalto per la gestione dei rifiuti in Campania. Per il
disastro nell’impiantistica, c’è un processo in corso a
Napoli a carico dei vertici della società Impregilo e delle
sue controllate. Dopo un decennio la Campania è ancora
all’anno zero.
di Nello Trocchia