Spett.le Redazione,
in un momento in cui da ogni dove si levano voci accorate in difesa della vita e si mette in discussione la legge 194, viene spontaneo chiedersi come mai tali voci non si si levino con altrettanto vigore nei confronti dei danni drammatici che l’ inquinamento ambientale determina nei confronti della vita riproduttiva: è noto infatti che esso può indurre incremento di infertilità, abortività spontanea, malformazioni.
Valga un esempio per tutti: nel tristemente famoso triangolo siciliano di Augusta, Priolo, Melilli, in conseguenza di uno sviluppo industriale “selvaggio” e di un inquinamento specialmente dovuto a mercurio, non solo si registra un preoccupante aumento dell'infertilità, ma anche dell'abortività e delle malformazioni; queste ultime sono passate dall’1.5% degli anni ‘80 al 5.5% nel 2000.
C’è da chiedersi allora se non è forse altrettanto moralmente colpevole chi causa l’interruzione della vita alterando irrimediabilmente l’ambiente in cui questa viene a svilupparsi rispetto a chi singolarmente decide di farlo, indotto magari da situazioni contingenti e/o sofferenze che nessuno può presumere di conoscere.
Perchè la percezione da parte non solo dei media, ma anche da parte delle istituzioni politiche, giuridiche, amministrative e finanche religiose nei confronti dei crimini ambientali è così scarsa?
Eppure la crisi ecologica del nostro tempo è ormai sotto gli occhi di tutti, ma raramente i crimini ambientali vengono percepiti e soprattutto puniti come tali.
Eppure la devastazioni dei territori con le tragiche conseguenze che tanti innocenti si trovano a pagare altro non sono che il risultato della ricerca di un profitto senza limiti e senza controlli.
Forse i veleni che sono stati sversati hanno finito con l' avvelenare il cuore e la mente di troppi di noi.
Dott.ssa Patrizia Gentilini
Associazione Medici per l' Ambiente - ISDE Forlì