INTERCETTAZIONE BERTOLASO CATENACCI

....a proposito del perchè vogliono fare gli inceneritori!

Catenacci: «Fanno un affare da 1.325 miliardi»
E Bertolaso esclamò al telefono: «Mortacci»
di Gianluca Abate

NAPOLI - Il calcolo delle ecoballe accatastate in giro per la Campania lo fa Corrado Catenacci. È il 7 marzo 2005, e alle 18.59 l'ex commissario telefona al capo della protezione civile Guido Bertolaso. La conversazione viene intercettata. Eccola.
Catenacci: «Ci sono almeno due milioni e mezzo di balle in tutta la Campania. Per quanto riguarda gli importi, secondo me sono circa 400 miliardi di lire».

Bertolaso: «Perché loro bruciandoli ricavano energia elettrica, no?».

Catenacci: «Gliela pagano a tariffa agevolata, tutto uno strano movimento che hanno fatto loro».

Diciotto minuti dopo, alle 19.17, il prefetto richiama.

Catenacci: «Ho fatto i conti con Turiello, viene una cifra mostruosa, 1.325 miliardi di lire».

Bertolaso: «Mortacci ragazzi.».

Cosa vogliano dire le due intercettazioni è cosa che il giudice spiega chiaramente. La prima conversazione è relativa al numero di ecoballe (o rifiuti, stando all'accusa) accatastate a quella data, numero che di lì in poi crescerà fino a tre milioni. La seconda, invece, fa riferimento ai previsti introiti derivanti dalla vendita di energia elettrica prodotta bruciando milioni di balle che la Procura ritiene per nulla eco. E che non fossero eco (a dar credito al giudice) se n'erano accorti i cittadini che accanto a quei siti ci vivevano, tanto che «le prime proteste delle popolazioni per i miasmi concorrevano a determinare la presentazione di interrogazioni parlamentari degli onorevoli Emiddio Novi e Alfonso Pecoraro Scanio». Il 27 febbraio 2002, il ministero dell'Ambiente «segnala l'opportunità di accertamenti». Gli rispondono che va tutto bene, grazie anche alla «prassi di addomesticare i risultati» che «deve ritenersi provata».

Così come «provata» è anche la circostanza che sin dall'inizio appariva chiara la difficoltà di smaltire le ecoballe.
Sergio Pomodoro, dirigente della Impregilo, ai pm la spiega così: «Verificai che, ove si fossero utilizzati tutti i cementifici italiani e si fosse ricorsi anche a forme di combustione nei gruppi alimentati a carbone, la produzione di cdr avrebbe saturato tutti quegli impianti».

Il 5 marzo 2003, invece, viene intercettata una conversazione dell'allora amministratore delegato di Fibe Armando Cattaneo. Angelo Pelliccia, il suo interlocutore, dice che è meglio «lasciare il giocattolo in mano alla Regione».

Il manager risponde così: «Saremo l'unico termovalorizzatore che dà 10 euro a tonnellata per il fos, cdr. Ci bruciamo tutto quello che non ci crea problemi, ci piace così ed è finito». Il 2 aprile 2005, lo stesso Armando Cattaneo parla con un avvocato della conversione del decreto legge sull'additivazione dei rifiuti: «Siniscalchi dice che al Senato la Lega è stata tranquilla perché aveva la devolution e s'è guardata bene dal rompere le scatole, ma alla Camera si aspettano maggiore battaglia. Si teme frange di An e Lega contro. Vabbuò ci siete voi Ds».

Il 7 marzo 2005, invece, le microspie registrano la conversazione di un funzionario del commissariato per i rifiuti. Sono le 13.16. E la telefonata per il gip non ha bisogno di commenti: «Non è più il combustibile che deve essere stoccato. Questa è monnezza vera e propria».