Negli ultimi mesi abbiamo messo a fuoco le irregolarità e illegalità nella gestione della discarica di Malagrotta, argomento questo che è stato anche al centro dell'incontro con il Sindaco Veltroni, che ha ordinato un controllo sulla ricopertura serale dei rifiuti con conseguente sensobile diminuzione della puzza nella Valle Galeria ( a riprova del fatto che la puzza non è un elemento ineliminabile nella gestione della discarica, ma la conseguenza di una cattiva ed illegale gestione della stessa).

 

Ma questa gestione "disinvolta" non nasce ora e non è limitata solo ad un cattivo trattamento dei rifiuti; andando a scavare nella cronaca degli anni passati, come sta facendo Gerardo, tornano in luce torbidissime vicende di false fatturazioni ed evasione fiscale  connesse alla  gestione della discarica e  scoperte dalla Guardia di Finanza. Si scoprono così altri risvolti e aspetti di una conduzione molto mirata più agli affari che al rispetto della legalità e del benessere dei cittadini.

 

Corriere della Sera (23 febbraio, 1995)               

Discarica di Malagrotta

Avvisi di garanzia per il business della spazzatura

Avvisati Cerroni Manlio, Iozzia Guglielmo, Gagliani Caputo Vincenzo

Business della spazzatura, imbroglio plurimiliardario. E questo il sospetto del pubblico ministero Sante Spinaci, che nei giorni scorsi ha inviato tre avvisi di garanzia all' avvocato Manlio Cerroni, "re" di Malagrotta, a Guglielmo Iozzia, ex segretario generale del Campidoglio e a Vincenzo Gagliani Caputo, ragioniere generale del Palazzo Senatorio all' epoca dei fatti. Le accuse sono di truffa, abuso d' ufficio e falso e si riferiscono alle attivita' della Sogein, societa' creata nel ' 79 dal Comune con il 67 per cento di capitale Acea e il 33 per cento di capitale privato, diviso fra la Sorain Cecchini di Cerroni e la Slia di Aurelio Merlo. L' azienda, secondo il magistrato, invece di riciclare i rifiuti si sarebbe limitata a incassare il denaro pubblico: 170 miliardi tra il ' 79 e l' 85, anno della messa in liquidazioe per volonta' di Paola Pampana, allora assessore all' Ambiente. L' inchiesta di cui ora e' titolare Spinaci era nata nel 1985 da una denuncia della Pampana e da un sequestro del pretore Gianfranco Amendola. Poi gli atti erano passati alla procura della Repubblica, ma il processo era finito con la condanna di tre autisti. Siamo nel ' 91. Due anni dopo, sempre su sollecitazione di Amendola, all' epoca europarlamentare, un altro magistrato, Orazio Savia, riprende in mano il fascicolo. L' indagine riparte con un sospetto in piu' : che dietro il business dei rifiuti ci sia la camorra. Nessun elemento su Cerroni, ma al vaglio degli inquirenti ci sono gli affari di due suoi soci, Merlo e Vittorio Ugolini. Proprio nel ' 93 infatti esplode l' inchiesta della procura napoletana sui rapporti tra il business della spazzatura e la malavita organizzata: Merlo finisce agli arresti domiciliari, mentre su Ugolini i magistrati campani indagano. A Roma l' imprenditore interessa come titolare della Sir, societa' che era stata partner della Colari di Cerroni nello smaltimento dei fanghi dei depuratori Acea. Sulle ipotetiche infiltrazioni camorristiche le indagini sono ancora in corso, mentre sulla truffa della Sogein il quadro appare piu' chiaro. Il guadagno della societa' consisteva nella differenza di prezzo che il Comune pagava per il riciclaggio, centomila lire a tonnellata, e per il semplice trasporto a Malagrotta, trentamila lire a tonnellata. Fingendo di smaltire la spazzatura, dunque, l' azienda avrebbe incassato 70 mila lire non dovute per ogni tonnellata. Non solo: a portare i rifiuti nella discarica erano i camion della Giovi, un' altra societa' legata a Cerroni. Durante il dibattimento concluso nel ' 91 e' emerso che la spazzatura non trattata veniva nascosta sotto uno strato di "compos", questo si' riciclato. Per di piu' la Sogein non ha mai tenuto bilanci, mentre sembra che anche in Comune gli inquirenti avrebbero trovato numerose irregolarita' , tanto da rendere difficile la ricostruzione delle cifre.Di Gianvito Lavinia

 

Repubblica 04-02-99, pagina 9, sezione ROMA

Inchiesta su una società che gestisce lo smaltimento a Malagrotta

Mega-truffa dei rifiuti evasi 35 miliardi

E' maturata tra i rifiuti una truffa da almeno trentacinque miliardi ai danni del fisco. Protagonista, una società romana di smaltimento operante nella discarica di Malagrotta, che emetteva fatture false intestate a una società prestatrice di opere fantasma. Così, la Guardia di Finanza ha denunciato al magistrato, titolari e amministratori delle due imprese chiedendone la custodia cautelare. Quasi due anni di indagini, e le Fiamme gialle sono venute a capo dell' espediente contabile- tributario messo a punto dall' impresa che, per evadere le imposizioni fiscali dovute, si sarebbe avvalsa anche della collaborazione di altre società esistenti solo sulla carta. Sempre secondo gli investigatori, l' azienda romana, attraverso l' emissione di finte fatture, mirava a far figurare utili d' esercizio contenuti, per alleggerire l' imposizione fiscale. Ma, sono queste le ipotesi ancora al vaglio, le società complici potevano essere più d' una e i fini illeciti perseguiti dall' impresa di Malagrotta, oltre a quelli "fiscali", potevano essere anche altri, considerati i reali movimenti finanziari accertati sui conti correnti. C' è stato, insomma, chi ha pagato e chi ha riscosso davvero. Gli investigatori hanno denunciato anche l' altro amministratore, quello compiacente, con l' accusa di occultamento delle scritture contabili della sua società risultata anche senza dipendenti e sprovvista delle attrezzature per movimentare i rifiuti, attività questa per la quale veniva remunerata. 

 

Corriere della Sera  (4 febbraio, 1999)

Una delle societa' coinvolte nel raggiro era incaricata della movimentazione della terra nella discarica Gestivano Malagrotta, hanno truffato 35 miliardi al fisco

Un giro vorticoso di danaro ma i soldi non si sa dove siano finiti

Fatture per un totale di 35 miliardi emesse per operazioni inesistenti eppure puntualmente pagate all' amministratore di una societa' , rivelatasi fittizia, con un flusso di denaro di decine di miliardi che non si sa dove siano finiti. E la megatruffa al fisco organizzata da una societa' romana che gestisce lo smaltimento dei rifiuti nella discarica di Malagrotta, una delle piu' grandi d' Italia. A scoprire il raggiro, messo a punto in concorso da almeno due ditte, quella che emetteva le fatture e quella che le utilizzava (indicate con le sigle di L.M.T. e G. srl), sono stati, tra il ' 97 ed il ' 98, gli ispettori della guardia di finanza. Secondo gli investigatori, la societa' G. srl, esercente l' attivita' di smaltimento dei rifiuti solidi urbani presso la discarica, si avvaleva, per frodare il fisco, della collaborazione di ditte cartiere (ovvero esistenti solo sulla carta) facenti capo ad un' unica persona, l' amministratore delegato. I responsabili dell' una e delle altre societa' sono stati denunciati e per loro e' stato chiesto l' arresto. In particolare sono stati ricostruiti i rapporti tra la societa' G. e la ditta L.M.T., emettitrice tra il ' 97 e il ' 98 delle fatture plurimiliardarie, ma le fatture inesistenti o gonfiate contestate alla G. ammonterebbero in realta' a 60 miliardi. La L.M .T., hanno accertato i finanzieri, non aveva personale dipendente e non possedeva nemmeno le attrezzature con le quali avrebbe dovuto aver fatto i servizi per i quali era stata pagata, ovvero la movimentazione della terra. Introvabili, anche le scritture contabili della L.M.T., per il cui occultamento e' stato denunciato l' amministratore. Dai controlli incrociati, fatti nel ' 98 sulle due societa' e da quelli sui conti bancari, inoltre, e' venuto fuori che la G. aveva effettivamente pagato alla L.M.T. le operazioni fatturate e che l' amministratore di quest' ultima aveva riscosso il denaro con prelievi fatti direttamente allo sportello bancario, dal conto societario. E quell' amministratore, fanno notare i finanzieri, risulta protagonista anche di altri numerosi illeciti legati ad altre societa' da lui rappresentate. Dove sono finite quelle decine di miliardi? Su questo l' interrogativo rimane aperto. Ma gli investigatori sono convinti: la G. srl si e' rivolta ad altre societa' fittizie per riuscire ad abbattere l' utile di esercizio e quindi risparmiare sulle tasse, ma anche allo scopo di perseguire fini diversi, testimoniati dai reali movimenti finanziari. Quanto basta per richiedere all' autorita' giudiziaria l' emissione di ordini di custodia cautelare.

 

Anche "Il Messaggero" riprendeva la notizia nella stessa giornata,  e fra l' altro annotava: "Giorni fa la Guardia di Finanza ha scoperto un giro di fatture sospette da 35 miliardi per operazioni di movimentazione terra ritenute inesistenti. Secondo i militari la società Giovi riusciva così ad abbattere gli utili di esercizio, frodando il fisco. Ma anche a perseguire fini diversi con quei soldi. L'indagine, nel cui ambito è stato chiesto l'arresto degli attori della presunta truffa, continua e promette senzazionali sviluppi". 

 

Sviluppi che invece almeno a noi non risulta che ci siano stati e sulla vicenda è caduto il silenzio.

Sempre "Il Messaggero" riportava poi in un riquadro due notiziole di contorno: una di un presunto credito vantato dall'Avvocato Cerroni nei confronti del Comune pari a 60 miliardi, o 130 secondo altre fonti (!?); l'altra notizia, da un'interrogazione parlamentare di AN si apprende che Chicco Testa e Mario Di Carlo, all'epoca dirigenti di Legambiente, erano presidente e direttore di una squadra di volley femminile riconducibile alla galassia di società partecipate dal Cerroni (!?!?).

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