Negli ultimi mesi abbiamo messo a fuoco le irregolarità e illegalità nella gestione della discarica di Malagrotta, argomento questo che è stato anche al centro dell'incontro con il Sindaco Veltroni, che ha ordinato un controllo sulla ricopertura serale dei rifiuti con conseguente sensobile diminuzione della puzza nella Valle Galeria ( a riprova del fatto che la puzza non è un elemento ineliminabile nella gestione della discarica, ma la conseguenza di una cattiva ed illegale gestione della stessa).
Ma questa gestione "disinvolta" non nasce ora e non è limitata solo ad un cattivo trattamento dei rifiuti; andando a scavare nella cronaca degli anni passati, come sta facendo Gerardo, tornano in luce torbidissime vicende di false fatturazioni ed evasione fiscale connesse alla gestione della discarica e scoperte dalla Guardia di Finanza. Si scoprono così altri risvolti e aspetti di una conduzione molto mirata più agli affari che al rispetto della legalità e del benessere dei cittadini.
Corriere della Sera (23 febbraio, 1995)
Discarica di Malagrotta
Avvisati
Cerroni Manlio, Iozzia Guglielmo, Gagliani Caputo Vincenzo
Business
della spazzatura, imbroglio plurimiliardario. E questo il sospetto del pubblico
ministero Sante Spinaci, che nei giorni scorsi ha inviato tre avvisi di garanzia
all' avvocato Manlio Cerroni, "re" di Malagrotta, a Guglielmo Iozzia,
ex segretario generale del Campidoglio e a Vincenzo Gagliani Caputo, ragioniere
generale del Palazzo Senatorio all' epoca dei fatti. Le accuse sono di truffa,
abuso d' ufficio e falso e si riferiscono alle attivita' della Sogein, societa'
creata nel ' 79 dal Comune con il 67 per cento di capitale Acea e il 33 per
cento di capitale privato, diviso fra
Repubblica 04-02-99, pagina 9, sezione ROMA
E'
maturata tra i rifiuti una truffa da almeno trentacinque miliardi ai danni del
fisco. Protagonista, una società romana di smaltimento operante nella discarica
di Malagrotta, che emetteva fatture false intestate a una società prestatrice
di opere fantasma. Così,
Corriere
della Sera (4 febbraio, 1999)
Una delle societa' coinvolte nel raggiro era incaricata della movimentazione della terra nella discarica Gestivano Malagrotta, hanno truffato 35 miliardi al fisco
Un giro vorticoso di danaro ma i soldi non si sa dove siano finiti
Fatture
per un totale di 35 miliardi emesse per operazioni inesistenti eppure
puntualmente pagate all' amministratore di una societa' , rivelatasi fittizia,
con un flusso di denaro di decine di miliardi che non si sa dove siano finiti. E
la megatruffa al fisco organizzata da una societa' romana che gestisce lo
smaltimento dei rifiuti nella discarica di Malagrotta, una delle piu' grandi d'
Italia. A scoprire il raggiro, messo a punto in concorso da almeno due ditte,
quella che emetteva le fatture e quella che le utilizzava (indicate con le sigle
di L.M.T. e G. srl), sono stati, tra il ' 97 ed il ' 98, gli ispettori della
guardia di finanza. Secondo gli investigatori, la societa' G. srl, esercente l'
attivita' di smaltimento dei rifiuti solidi urbani presso la discarica, si
avvaleva, per frodare il fisco, della collaborazione di ditte cartiere (ovvero
esistenti solo sulla carta) facenti capo ad un' unica persona, l' amministratore
delegato. I responsabili dell' una e delle altre societa' sono stati denunciati
e per loro e' stato chiesto l' arresto. In particolare sono stati ricostruiti i
rapporti tra la societa' G. e la ditta L.M.T., emettitrice tra il ' 97 e il ' 98
delle fatture plurimiliardarie, ma le fatture inesistenti o gonfiate contestate
alla G. ammonterebbero in realta' a 60 miliardi.
Anche "Il Messaggero" riprendeva la notizia nella stessa giornata, e fra l' altro annotava: "Giorni fa la Guardia di Finanza ha scoperto un giro di fatture sospette da 35 miliardi per operazioni di movimentazione terra ritenute inesistenti. Secondo i militari la società Giovi riusciva così ad abbattere gli utili di esercizio, frodando il fisco. Ma anche a perseguire fini diversi con quei soldi. L'indagine, nel cui ambito è stato chiesto l'arresto degli attori della presunta truffa, continua e promette senzazionali sviluppi".
Sviluppi che invece almeno a noi non risulta che ci siano stati e sulla vicenda è caduto il silenzio.
Sempre "Il Messaggero" riportava poi in un riquadro due notiziole di contorno: una di un presunto credito vantato dall'Avvocato Cerroni nei confronti del Comune pari a 60 miliardi, o 130 secondo altre fonti (!?); l'altra notizia, da un'interrogazione parlamentare di AN si apprende che Chicco Testa e Mario Di Carlo, all'epoca dirigenti di Legambiente, erano presidente e direttore di una squadra di volley femminile riconducibile alla galassia di società partecipate dal Cerroni (!?!?).
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